La SOGIN, come previsto dalla normativa, e seppur con grandissimo ritardo, ha presentato, circa due mesi fa, l’elenco delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive con annesso un parco tecnologico (Cnapi).
Non c’è grande opera che non trovi ostacoli. Poi quando si tratta di rifiuti non ci sono ragioni che tengono
a cura di Ennio Fano
La SOGIN, come previsto dalla normativa, e seppur con grandissimo ritardo, ha presentato, circa due mesi fa, l’elenco delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive con annesso un parco tecnologico (Cnapi). Sono 67, dislocate tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Apriti cielo! Tutti i sindaci interessati si sono levati contro. Il vecchio vizio di dire “no a prescindere” è sempre in auge! Non c’è grande opera che non trovi ostacoli. Poi quando si tratta di rifiuti non ci sono ragioni che tengono. È singolare che a capo del fronte dei no ci siano in prima fila i Sindaci, dai quali ci si attenderebbe, qualche riflessione e non barricate. I nostri Amministratori sono i primi a sfiduciare la scienza e le tecnologie validate da organismi dello Stato quali Sogin, ENEA, ISPRA. L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa a non avere ancora una struttura di questo tipo. Il deposito avrà una capienza inferiore ad 80 mila mc di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità. Quelli ad alta intensità saranno conferiti fuori dall’Italia. Oltre alle scorie delle ex centrali, convergeranno nel deposito rifiuti ospedalieri e industriali con carica radioattiva. Ora è previsto un processo di consultazione pubblica, ed un seminario nazionale, nell’ambito dei quali i soggetti interessati potranno formulare osservazioni e proposte.
Il tempo stimato per arrivare all’autorizzazione del Deposito è di circa quattro anni. Che caratteristiche avrà questo Deposito? Sarà un sito unico, affiancato da un Parco tecnologico, che occuperanno rispettivamente una superficie di 110 e 40 ettari. Sogin prevede un investimento di circa 900 milioni di euro per il solo deposito, con 4 mila posti di lavoro in fase di cantiere e successivamente centinaia di occupati per la gestione e per le attività di ricerca nel Parco tecnologico. Per il Comune ospitante e per quelli limitrofi sono previsti contributi rilevanti.
L’investimento complessivo è di circa due miliardi, il tutto finanziato da specifiche componenti di costo nelle bollette elettriche (componente A2). Non c’è grande opera che non trovi ostacoli. Poi quando si tratta di rifiuti non ci sono ragioni che tengono. Nel progetto, i rifiuti saranno ospitati in una struttura a matrioska formata da costruzioni in calcestruzzo armato, al cui interno saranno alloggiati altri contenitori in calcestruzzo speciale che, a loro volta, sono il guscio protettivo per i contenitori metallici in cui alloggiano i rifiuti. La direttiva europea stabilisce che ogni Paese adotti un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi. La scadenza era l’agosto 2015. L’Italia non ha rispettato i termini e la Commissione europea ha aperto formalmente la procedura di infrazione. Occorre rammentare che nel 2025 ritorneranno indietro le scorie nucleari che per anni l’Italia ha spedito, con notevoli costi, in Francia e Gran Bretagna. Dovremo chiedere proroga. Per comprendere le critiche mosse dagli Enti e popolazioni locali, dai movimenti ambientalisti è utile ripercorrere brevemente gli ultimi 20 anni. Nel 2003 venne dichiarato lo “stato di emergenza” nelle regioni Lazio, Campania, EmiliaRomagna, Basilicata, Piemonte in cui sono presenti le scorie. In modo improvvido SOGIN individuò Scanzano Jonico come sito per il deposito. Ne derivò una sollevazione popolare con dietro-front del Governo. La questione fu ripresa nel 2007 con la definizione di una roadmap per giungere, dopo un accordo con la Conferenza StatoRegioni, a una definitiva soluzione. La cosa non avvenne perché nel maggio 2008 il Governo annunciò la ‘rinascita nucleare italiana”. “Entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro Paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione ”. Entusiastico fu l’assenso dell’industria, della grande stampa, del mondo della ricerca. I presupposti, a dire di Enel e del Governo, c’erano tutti: basso costo delle centrali (3 miliardi ciascuna); rapidi tempi di costruzione (3 anni); quasi interamente realizzate da imprese italiane! Obiettivo: portare la quota del nucleare da zero al 25% della generazione elettrica. Allo stesso tempo procedere alla costruzione del deposito nazionale. Fu un ennesimo fallimento, infatti il referendum del 2011, seguito all’incidente di Fukushima, bocciò il nuovo piano nucleare. Venne sì bocciato il nucleare ma rimase l’obbligo di dotarsi del deposito. La legge affidò a Sogin la redazione della mappa dei siti idonei, fino all’ottenimento dell’autorizzazione alla costruzione. Il modello tecnologico scelto da Sogin è quello francese. Per esperienza diretta ho visitato e approfondito quello che i francesi hanno realizzato ad AUBE, nella regione dello Champagne-Ardenne.
La zona, nei vent’anni da quando esiste il deposito, non ha perso in termini di turismo né di produzione vinicola che la rende famosa in tutto il mondo. Più del 60% della regione è destinata all’agricoltura e si contano quasi 300 chilometri quadrati di vigneti. I cittadini sono orgogliosi della presenza del deposito, perché, oltre alla massima sicurezza, aggiunge ricchezza al territorio. Negli ultimi anni la produzione di “champagne” è aumentata. Agricoltura e deposito scorie convivono in maniera armonica. Il deposito si immerge nei boschi e nel verde in modo naturale. Agricoltura e deposito scorie convivono in maniera armonica. Il deposito si immerge nei boschi e nel verde in modo naturale. Grande beneficio ne ha avuto anche il settore turistico (ristorazione ed alberghi) per la continua e numerosa presenza giornaliera di centinaia di visitatori e tecnici provenienti da tutto il mondo. Il deposito per l’Italia sarà più piccolo, tenuto conto della limitata quantità di scorie. Non si comprende davvero la ratio della contrarietà capeggiata dagli Amministratori locali. C’è da augurarsi che il percorso della consultazione pubblica possa aiutare a definire la migliore localizzazione ed a superare le resistenze pregiudiziali a quello che, oltre ad essere un impianto irrinunciabile per la sicurezza, rappresenterà anche un polo primario di ricerca ambientale. La rinascita dell’Italia – dopo Covid – passa anche per queste decisioni. Le OO.SS. del settore porranno al nuovo Governo anche questa esigenza, e saranno a fianco degli Amministratori più illuminati.